Vedremo ora l'artista.
[Roma, 11 e 12 maggio 1873.]
XXI
MASSIMO D'AZEGLIO
Ventunesima lezione del prof. Francesco De Sanctis.
D'Azeglio, nato ne' primi anni di questo secolo, crebbe fra i furori e le gioie della reazione europea. Marchese, vide domata la democrazia e la rivoluzione francese, vide ritornare trionfante a Torino l'aristocrazia col suo re, ritornare a Roma glorioso fra i suoi cardinali Pio VII, circondato di quanto di piú illustre aveva allora l'Europa per ricchezza, per potenza, per ingegno: Chateaubriand era fra quelli che seguivano il pontefice.
Primo atto del giovane d'Azeglio fu andare a Roma col padre per complire il papa del suo felice ritorno. L'aria era cosí impregnata di reazione che suo fratello maggiore dovč indossare l'abito del gesuita. I destini di Massimo erano diversi. Era cadetto, e in Piemonte i cadetti erano tutti uffiziali nati: era giá uffiziale di cavalleria, avea vissuto nelle orgie, negli amori, ne' passatempi come tutta la giovane nobiltá. Giunto a Roma, mentre tutti accorrevano alla corte del papa, egli girava fra tante ruine e tante maraviglie dell'arte, le quali lo trasformarono, svilupparono ciň che d'elevato era nel suo ingegno, di nobile nel suo cuore. Fin d'allora si rivelň artista e italiano; sparve il Piemonte, la storia di Roma gli parve storia propria, sentí appartenere a tutta l'Italia.
Tornato a Torino, depose il brevetto d'uffiziale, e, nobile, in relazione con tante nobili famiglie, agiato, messo per una via che gli offriva onori, cariche, piaceri, risolvette andare a Roma, fare lo studente, il pensionista per diventare artista.
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