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      Sotto questa negligenza apparente, aveva un fondo d'uomo serio, e la maggiore serietá era costituita da una qualitá molto rara oggi in Italia, la perfetta lealtá e sinceritá di convinzioni e di carattere.
      A ventinove anni - verso il 1830 - gli venne il ticchio di fare lo scrittore e scrisse la Sagra di San Michele. Aveva imparato a dipingere, non a scrivere: sapeva scrivere come gliel'avevano insegnato nella scuola, come s'insegna anche oggi. Letti molti libri classici, aveva molte frasi e, cominciando a scrivere volle dire ogni cosa con una frase pescata nei suoi vecchi quaderni di scuola. - Lingua artificiale, che non traduceva né la sua immaginazione, né il suo modo di concepire e di sentire, maniera comune di scrivere a quel tempo.
      Ne' primi trionfi dell'arte aveva sposato Giulia, figliuola di Alessandro Manzoni. Ed a Manzoni presentò il suo scritto, pregandolo dargliene giudizio. Spesso si domanda consigli per avere un bravo! Ma il Manzoni che gli voleva bene, restituendogli il lavoro, disse aver segnate tutte le parole e le frasi censurabili, errate. Cosí tutte le gemme, i bei modi di lingua che a Massimo eran costati tanta fatica, in cui poneva il suo maggior pregio, erano stati segnati. Ne seguí un dialogo, e il Manzoni lo persuase a gittar giú tutta quella roba convenzionale, lo invogliò a scrivere con quella semplicitá e con quella naturalezza di cui egli era grande esempio. D'Azeglio rifece i suoi studi; cercò imitare Manzoni e pubblicò il suo primo romanzo, l'Ettore Fieramosca.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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