Ma č curioso che a Napoli il regio revisore abbia lasciato stampare il libro. Si vede quanto erano fini. Nel fondo, quel che rimane innanzi al lettore č che papi e re e imperatori regnano per la forza, non per diritto.
Dunque nell'Ettore Fieramosca quel che dovrebbe essere semplice sviluppo storico diventa oggetto principale su cui l'autore chiama l'attenzione. Tutti i personaggi che egli vi introdusse, Cesare Borgia, Ginevra, Elvira, disparvero, rimase solo qualche cosa che allettava il carattere degl'italiani, figli ancora del 500, rimase la sfida, il torneo, la sconfitta de' francesi, un misto di bravura e di comico, il quale ci rivela in d'Azeglio il militare, l'artista e specialmente l'italiano.
Né č maraviglia che di questo romanzo d'occasione non sia rimaso vivo che un solo personaggio, il quale vi apparisce appena, non vi ha parte principale, Fanfulla, proprio quel misto di soldatesco e di scapataggine che formava parte del carattere di Massimo. E, curioso a notare: in Italia de' personaggi serii creati dall'arte non rimase nessuno, quelli che sopravvissero, quelli che meglio furono indovinati e disegnati sono tra il cavalleresco ed il comico. Cosí nell'Ariosto Rodomonte, nel Tasso Argante, in Manzoni Don Abbondio, fra i personaggi del tempo presente il marchese Colombi e in d'Azeglio Fanfulla. Ciň potrebbe essere dimostrazione di quella tesi malinconica, ma vera, che noi abbiamo sempre nelle ossa qualche cosa de' tempi passati, e la serietá delle convinzioni e del carattere non rettorico ma reale, ci manca.
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