A Massimo non piacque, gli parve che mentre egli fabbricava, gli altri demolissero. Lavorava per indurre gl'italiani a sperare nella futura conciliazione, ed ecco Mazzini e gli altri, ecco il Guerrazzi col suo libro mandargli l'opera sossopra. Andato a Firenze, ispiratosi in quelle memorie, volle trattare lo stesso argomento in altro modo. E cosí fu composto il Niccolò de' Lapi, pubblicato il 1841, un anno prima del Primato.
Qui la prima vena giovanile è un po' esausta, quell'aria fanciullesca è sbiadita, si vede nell'autore l'uomo che ha giá le rughe ed anche Fanfulla, il quale ricomparisce, lui che fa tanto ridere nell'Ettore Fieramosca ha preso anche una faccia seria, e solo di tanto in tanto l'autore lo sforza a sorridere. Qui domina un'aria fosca, la quale fa contrasto a quella fresca e viva del primo romanzo.
Nella composizione è lo stesso sistema. Nell'Assedio di Firenze la cornice storica è tutto il racconto, protagonista il Ferrucci; qui Ferrucci è un incidente, di lui si racconta la morte come un accessorio nella tela ov'è tutta una famiglia inventata dall'autore, Niccolò coi suoi figli e con le figlie, con Lamberto l'eroe del romanzo, come Niccolò è il martire, e la Selvaggia, di cui ora vi dirò. Le avventure di questa famiglia si succedono in mezzo agli avvenimenti storici, - la morte di Ferrucci, la difesa di Firenze, il tradimento di Malatesta.
Nella Selvaggia trovate qualche cosa di Victor Hugo il quale allora destava tanto furore in Francia. Selvaggia è Marion Delorme, una cortigiana purificata dall'amore.
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