Dopo il secondo romanzo che non piacque molto, anche perché le idee politiche si modificavano, d'Azeglio vide comparire il Primato, le Speranze d'Italia. I tempi maturavano, le sette lavoravano, la guerra d'Oriente era in prospettiva, le speranze si sollevavano. Egli ebbe la velleitá di scrivere un romanzo sulla lega lombarda; ma volse le spalle all'arte, diventò uomo e scrittore politico. In questi altri suoi scritti il programma della scuola piemontese, di Cesare Balbo, ricevè gli ultimi tocchi. Di essi ci occuperemo in seguito.
[Roma, 25 e 26 maggio 1873.]
XXII
MASSIMO D'AZEGLIO
Ventiduesima lezione del prof. Francesco De Sanctis.
Abbiamo visto in Massimo d'Azeglio il pittore ed il romanziere, e, raccogliendo le nostre impressioni, non c'è parso lasciasse nell'arte orme profonde e durevoli che gli potessero meritare uno dei primi posti. C'era in lui molto di quel Fanfulla ch'è stata la meglio indovinata delle sue invenzioni, svelto e spigliato di mente come di corpo, allegro, giovialone, buon compagno, bravo, con certo fondo di distrazione e di dissipazione, con una dirittura ed un senso morale molto sviluppato, e che sarebbe stato piú lodevole se egli ci avesse posto minore ostentazione e non dicesse sovente: io Massimo d'Azeglio; - con un buon senso naturale che tenea le veci della scarsa coltura e della poca sua attivitá speculativa. Ora concentrato negli studii per forza di volontá, ora correndo appresso a donne e ad avventure profane, è naturale che non vediamo in lui quei caratteri che segnano una seria e virile vocazione artistica.
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