Per lui scrivere di questi fatti e dipingerli era opera meritoria, capace di fare avvanzare la causa italiana piú de' moti violenti che come eruzioni scoppiavano qua e lá in Italia.
Pubblicato il suo secondo romanzo nel 1841, ne cominciò un terzo. Non avea visto che il tempo de' romanzi era finito per l'Italia e finito anche il tempo dell'arte, cominciando uno stadio puramente politico, e che i libri che dopo avrebbero potuto produrre impressione, sarebbero stati non piú quelli del Giusti, del Berchet, del Guerrazzi e i suoi; ma del genere del Primato e delle Speranze d'Italia, interamente politici.
Quando nel 1843 scoppiò il moto di Bologna era un momento simile a quello in cui ci troviamo ora. Il papa vecchio e malato si avvicinava alla morte e sorgevano tante speranze, specialmente nello Stato pontificio. D'Azeglio fiutò l'aria, lasciò incompiuto il terzo romanzo del quale, credo, fra giorni saranno pubblicati a Torino i pochi capitoli che egli aveva composti. Il soggetto era la Lega lombarda, non quella del padre Tosti, glorificazione del papato ammodernato, riconciliato con l'Italia, ma un quadro vivente nel passato dell'Italia che egli vagheggiava, la confederazione di tutte le forze vive della nazione sotto il patronato del papa per cacciare lo straniero d'Italia.
Al suo ingresso nella vita politica lo troviamo a Roma. Lí si mise in comunicazione con l'aborrita Giovine Italia, parlava con i patrioti e cercava far propaganda per Carlo Alberto, mostrandolo come il solo capo possibile per liberare l'Italia e compiere l'indipendenza.
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