Perciò Balbo e d'Azeglio furono detti albertisti. Carlo Alberto era il traditore del ventuno, il fucilatore del 1832, come allora lo chiamavano. Era difficile fare una propaganda simile a' liberali della Giovine Italia. Pure d'Azeglio assicura che riuscí a convertire molti. Ricorda, fra le altre cose, l'argomento di cui si serviva per convincere i meno intelligenti. «Ebbene, egli diceva, noi non aspettiamo dal re nessun nobile fatto: domandiamo al ladro che rubi.» Carlo Alberto insieme con gl'interessi italiani doveva avere a cuore quelli della sua dinastia.
Io credo che veramente egli operò molte conversioni. La scuola è bella e buona ma sta bene in piccolo recinto; quando gli scolari sono tutto un popolo, ciò che fa impressione è il successo. La scuola di Mazzini non era riuscita nel 1831, nel 1832, nel 1843. Ogni partito ha seguaci meno ardenti, meno esaltati degli altri, piú proclivi a farsi guidare dal buon senso che dalla passione, a domandarsi: dov'è che andiamo? E quando si presenta un nuovo metodo, un nuovo disegno, con maggiori speranze di riuscita, è chiaro che que' molti meno ardenti si faranno persuadere.
D'Azeglio fece propaganda nelle Romagne mercé la trafila. La Giovine Italia era organizzata in modo tanto serio, che aveva il motto d'ordine e lo comunicava agli altri. Di questa specie di passaporto settario si serví Massimo d'Azeglio, ponendosi in relazione con quegli uomini fidati ovunque andava. Ed è notevole che il governo papale, con tutta la sua polizia, non scoprí nemmeno uno di quei della trafila e neppur uno di essi tradí la causa italiana, tanto essa era penetrata nell'animo di tutti.
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