Che base d'un'azione politica non può essere la setta, la violenza, neppure la rivoluzione; dev'essere il consenso unanime dell'opinione fondata sul diritto, non sulla forza, rinvigorita da un grande senso morale. D'Azeglio rigetta l'opinione universale se vi si mescola qualche cosa di mentito e di astuto. Trova troppo generale l'opinione che l'Italia sia l'Italia di Machiavelli.
Perché l'opinione pubblica si formasse e l'educazione nazionale avesse luogo, era necessario mettersi in mente che il nemico era sul Po, e tutti gl'Italiani dovevano comprendere che anche i principi avrebbero dovuto prender parte all'impresa nazionale. Se questi fossero stati contrari, l'accordo nazionale non si sarebbe potuto avere. Base del programma era l'unione de' popoli col papa e co' principi, ciò che avrebbe creato doveri e diritti vicendevoli: i principi dovevano dare un passo innanzi, riformare, lasciare che si formasse l'opinione nazionale; dall'altra parte i meno spinti dovevano contentarsi di ciò che avrebbero dato i principi. È un sistema d'idee medie sviluppato poi in altro indirizzo dalla mano piú vigorosa di Cavour.
Intanto cominciò il Viva Pio IX, l'atmosfera si cambiò, non si aspettò la preparazione educativa, solo al vedere un papa accordare l'amnistia e lievi riforme, il movimento oltrepassò d'Azeglio; Gioberti stesso, alla fine del suo viaggio in Italia, fu creduto reazionario. D'Azeglio si dibattè vivamente contro quella corrente troppo impetuosa e per qualche tempo stette fermo nel suo programma.
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