Al momento dell'azione, il popolo inesperto crede che l'idea buona deve essere applicata, non concepisce differenza tra ciò ch'è nel cervello e ciò che è nella societá e nella politica. Specialmente i giovani hanno quest'istinto ch'io chiamerò divino, perché cosí la nuova generazione rinsanguina la vecchia. Ma, dopo i primi tentativi, la resistenza, le carceri, i patiboli, gli esilii fanno sorgere il senso politico, comprendere che una idea non sempre perché bella e buona si può applicare: e la politica sta nel saper vedere quando, come, fino a qual punto un'idea può essere attuata.
Dominava il concetto dell'unitá nazionale; invano Balbo lo diceva un sogno, invano Gioberti consigliava la confederazione. Si voleva generalmente l'Italia unita, - si pensava: ha da essere una, come diceva il popolo napoletano a Garibaldi. Bisognava perciò rovesciare principi e papa, era necessaria la repubblica, il popolo doveva fare da sé. Queste idee nutrivano anche quelli che pel sentimento dell'impotenza nazionale, calavano a temperamenti.
Parendo non raggiungibile questo doppio scopo, gl'Italiani avevano accettato idee meno avventate, la lega del papa e dei principi. In fondo, si tendeva all'unitá; ma si accettava prima, come cosa piú attuabile, l'indipendenza; si voleva la repubblica ma come mezzo di transizione non si rifiutava la costituzione.
Perché quelle idee furono trattenute? L'Europa era contraria, i movimenti qua e lá non erano riusciti, mancò fiducia nelle proprie forze, si sentí che il popolo da sé solo non poteva nemmeno raggiungere l'indipendenza e la costituzione: la temperatura si abbassò, e si accettarono le riforme e la preparazione all'impresa, non essendo possibile andare piú innanzi.
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