Diceva ai bolognesi ed ai romani: avete gridato morte ai tedeschi. Ora eccoli qui. Volete o no l'indipendenza? Le velleitá sono ridicole: se non volete, aprite le porte, altrimenti non parlate di guerriglie, le quali non han che fare in Italia; dovete contrastare al nemico ogni cittá, come fanno i popoli che veramente vogliono acquistare l'indipendenza, come fecero i greci a Missolungi, la Spagna a Saragozza, la Polonia a Varsavia. E le mogli, e i figli, e i beni? Quei valorosi non si facevano queste domande. Se concepite davvero una virile risoluzione, dirň: lo stato pontificio si puň difendere, e se si cadrá, si cada in modo da procurare all'idea dell'indipendenza italiana il rispetto de' popoli civili. Egli non potč dare i suoi beni ch'erano in Piemonte; ma aveva promessa la vita, ed a Vicenza cadde ferito sotto gli ordini del generale Durando sopravvissuto glorioso a que' casi. Voi sentite che il suo era cuore di vero patriota, e in quel cangiamento di programma traspare la sua lealtá.
Le cose andarono a male, lasciando la memoria di tre grandi fatti: le cinque giornate di Milano, la difesa di Venezia e la difesa di Roma. Guerrazzi e Montanelli vollero stabilire la repubblica a Firenze; come Mazzini a Roma. E d'Azeglio andň a Firenze e nella Patria fece loro guerra viva, in nome del programma piemontese, tanto che quelli perdettero la pazienza e lo mandarono fuori. C'era l'armistizio, bisognava ripigliare la guerra o concludere la pace. D'Azeglio dimostrň che una nuova guerra sarebbe stata letale, con la Toscana e Roma in mano de' repubblicani, Napoli in mano degli svizzeri.
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