È qui l'originalitá del secolo XIX. Codesto cammino prima era indicato col nome di rivoluzione, dopo con quello di evoluzione, che indica un processo naturale sia nell'ordine naturale, sia nel morale, pel quale le forze insite in ciascun ente si svolgono, e d'idea nasce idea, di cosa nasce cosa. Oggi questa legge è talmente giudicata vera, che anche i partiti piú violenti l'adottano, e sentite a parlare di evoluzione, di progresso pacifico anche quelli che professano le dottrine piú avventate e piú ardite.
Ma perché l'evoluzione fosse possibile e feconda, perché desse piú presto risultati migliori, ci vuole una condizione senza la quale tutto il sistema cade. E la condizione è che ciascun ente individuale e collettivo si possa sviluppare secondo le sue forze liberamente. Libertá sí che, rimanendo ciascuno nella sua orbita, la libertá degli uni non sia servitú degli altri.
Evidentemente questa evoluzione, messa a base la libertá, sará piú o meno violenta, piú o meno celere, secondo che il consenso universale sia maggiore o minore; perciò fondamento del progresso pacifico di cui ho detto, è l'istruzione e l'educazione popolare. Meno un popolo è istruito, piú è soggetto a rivoluzioni ed a guerre, a contrasti tra le masse intelligenti che irrompono e le ignoranti che reagiscono. Piú sviluppata è la coltura generale, piú formato il carattere, minore è la distanza fra le classi, piú pacifico il progresso.
Nasce forse da questo la fine della lotta? No, la lotta è condizione della storia; ma invece di essere cozzo violento di passioni e d'interessi, diventa naturale attrito di opinioni, ciascuna nella sua orbita, con vicendevole rispetto, il quale nasce appunto dall'ammettere la legittimitá di tutt'i fatti storici, della tradizione e del diritto storico, dal riconoscere in tutt'i fatti il diritto di essere, in tutte le idee la libertá di svilupparsi secondo le loro forze.
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