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      È filosofia, e comprendete perché in questa parte l'Italia non abbia originalitá, perché Gioberti, Rosmini, Mamiani non sieno riusciti a passare le Alpi, e l'originalitá appartenga piú ai tedeschi, e ne' nostri scrittori non si senta altro che il riflesso d'idee giá divenute volgari nel resto d'Europa. Ma ogni scienza ha la sua applicazione, l'applicazione di quelle leggi storiche è la politica. Proprio d'una scienza d'applicazione è, non il lavoro in astratto sulle idee, ma il lavoro su dati di fatto, su materiali non creati dallo spirito ma trovati da esso innanzi a sé. La scienza politica della quale Machiavelli dette primo la chiave nel mondo moderno, esce da' principii astratti. I pedanti, i dottrinari pigliano quelle leggi e vogliono applicarle nude e crude come sono, come avvenne in Francia e altrove ne' primi ardori della rivoluzione. Dato un materiale, una nazione fatta cosí e cosí, trovare il modo piú acconcio perché possa meglio andare nel suo sviluppo, - ecco il problema della politica.
      Qui è l'originalitá dell'Italia, la quale rimaneva in seconda linea quanto a lavori astratti, in mezzo al pensiero europeo, ma aveva innanzi una questione ardente, speciale, da risolvere senza indugio, la questione della indipendenza e della libertá interna. Il movimento era proprio non teologico o filosofico, ma politico. Ciò ha chiamato specialmente la mia attenzione su' Casi di Romagna di Massimo d'Azeglio, sul suo Programma nazionale ove in poche pagine è raccolto ciò che lo spirito italiano suggeriva per la soluzione della questione.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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