Sono costretti a credere alla voce che Manzoni fa emanare da Dio, nella quale è l'eco della loro coscienza.
Delineati cosí i caratteri di questa scuola, dovrei parlarvi della scuola opposta, contemporanea, piú ardita, piú francamente rivoluzionaria, di cui principale rappresentante è Mazzini; nelle cui file troveremo Berchet, Giusti, Niccolini, il nostro Rossetti e nella misura delle sue forze il nostro Ricciardi ed altri.
Ma fo punto per quest'anno. Non intendevo congedarmi ancora da voi, mi ha tentato a farlo una nuova sventura toccata all'Italia. Il pensiero di essa mi tormenta, vuole a forza prorompere. Intendete ch'io parlo della morte di Urbano Rattazzi.
Di lui permettemi dirvi solo due cose. La sua vita appartiene alla storia d'Italia, né c'è storia contemporanea di cui qualche pagina non gli sia consacrata. Ma vo' parlarvi di un fatto recente che vi fará sentire piú viva la perdita.
Urbano Rattazzi, quando la capitale lasciò Torino, a tempo della convenzione di settembre, ebbe il grande merito, egli piemontese, di resistere alle passioni de' cosí detti permanenti, senza però gittarsi nell'altro partito moderato piemontese, capitanato dal Sella e dal Lanza. Seppe mettersi in condizione da non trovare piú un punto d'appoggio in Piemonte e da cercarlo fuori, nelle altre parti d'Italia e riuscí ad essere il meno piemontese, il piú italiano de' piemontesi. E, quel ch'è piú, seppe comprendere, noi meridionali, comprendere i nostri difetti, avvicinarsi a' nostri bisogni e sostenerli in tutte le occasioni.
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