Rispetto alle classi sociali, la scuola liberale crede che a torto il secolo decimottavo diceva: non piú clero, non piú nobiltá, non piú titoli. Tutta questa roba ci è, nonostante le rivoluzioni ripullula, e, volere o no, se voi la spregiate, continua ad aver gran potere, anche su uomini illuminati. - Io conosco piú di un democratico il quale si sente onorato se riceve un invito da un conte o da un principe, benché creda che ciò sia un pregiudizio. Quante lettere ho vedute di gente che anelava al titolo di cavaliere o di commendatore! Che importanza si dá a quelle croci! E c'è l'aristocrazia piú seria, la bancocrazia, l'aristocrazia del danaro. Declamate quanto volete contro chi ha danaro; ma nei bisogni dovete fargli di cappello, e se uno è milionario, anche cretino, quella parola milionario vi fa piegare le spalle. È puerile scagliarsi contro questa doppia aristocrazia, quando c'è. La societá bisogna accettarla come si trova e migliorarla man mano, diffondendo la coltura e la istruzione, sicché impari a stimare non quel che viene dalla fortuna, ma quel che viene dal proprio lavoro e dall'ingegno, ed a poco a poco all'aristocrazia fittizia si sostituisca quella del sapere. Questo è uno de' desiderati, dice Gioberti; ma quando verrá? Intanto un governo savio deve tener conto di questi elementi e trovare appoggio non nell'ingegno soltanto, ma anche nel danaro, nei titoli, nel clero.
E guardiamo, in terzo luogo alla plebe. È bello gridare, eguaglianza di diritto ed eguaglianza di fatto, - come se fosse un ideale prossimo.
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Gioberti
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