L'ideale è lo scopo che si crede conceduto all'umanitá, veduto astrattamente, senza tener conto degli ostacoli e delle condizioni di fatto. Cosí, volendo opporci alla opinione di qualcuno quando crediamo che parli di cosa non attuabile, gli diciamo: questo è un ideale.
Il vero non è la negazione dell'ideale, per la scuola di cui ci occupiamo. Piú tardi altri lo negheranno; ma nel primo periodo il vero è l'ideale stesso limitato e misurato dalle condizioni di fatto: cosí lo intende la scuola liberale e Manzoni, che è ingegno profondamente idealista, ma per natura e per arte e per l'ambiente ha la disposizione di cogliere l'ideale, vedendo subito ciò che gli è contro ed intorno, gli elementi positivi che possono regolarlo e limitarlo. Egli allora soltanto crede averlo raggiunto, quando può rappresentarlo in mezzo a tutte le condizioni storiche. Ciò vi richiama a mente una formula che vi ho sviluppata a lungo: - il vero è la misura dell'ideale. -
Da tutto questo, quale conseguenza deriva per la letteratura? Coloro che hanno innanzi l'ideale, e sentono viva fede, perché l'ideale è religione, e credono alla prossima attuazione di esso, lo amano e vogliono travasarlo dall'anima loro in quella dei lettori. Perciò hanno forma splendida, fiorita, efficace, evidente, che spesso degenera nel rettorico e nel convenzionale quando c'è la passione a freddo, quando si simula quel che non è dentro. Per darvene un esempio, questo difetto trovate anche in Foscolo, nei suoi momenti di cattiva disposizione.
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Manzoni Foscolo
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