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      Al contrario, gli scrittori che hanno per obbiettivo il vero, cercano eliminare quella forma convenzionale e rettorica, e domandano che sia non la piú eloquente e la piú efficace; ma la piú chiara e la piú precisa, - cioè che risponda piú agli elementi positivi in cui collocano l'ideale. La scuola idealista, di cui è tipo nel secolo XVIII Rousseau e che comprende Beccaria e Filangieri, ha forma rettorica ed animata come di predicatore, il quale, col Vangelo in mano, cerchi fare impressione. La scuola del vero vuole non la veemenza, ma la precisione e la chiarezza.
      Lo stile, che prima aveva a carattere l'eleganza, si volge appunto a quelle due qualitá, precisione e chiarezza. E tutto ciò ha anche grande influenza sulla lingua. Quella degl'idealisti è la lingua aulica, cortigiana, illustre di Dante, desunta da' letterati del Cinquecento, fazionata, manifatturata, senza esempio in alcuna parte della nazione, e che perciò degenera facilmente in lingua accademica. Nelle scuole di oggi l'indirizzo è perfettamente contrario; la lingua, è naturale, cioè, poiché si vuole il progresso naturale e libero, la lingua esclude tutti gli elementi d'imitazione che la impregnavano e si accosta al parlare vivo, popolare. Obbietto della lingua non è piú fare impressione artificiale, ma rendere il pensiero nel modo piú semplice e piú chiaro. Poiché, come sapete, la parola è segno dell'idea, si vuole la parola che esprima l'idea piú celeramente e piú acconciamente.
      Ora, se scendiamo da queste altezze a guardare gli scrittori, capite perché misi alla testa della scuola liberale Alessandro Manzoni.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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