Infatti nella storia italiana molte cadute e reazioni si devono alle lotte interne di esse. Perché operassero insieme nel momento supremo, bisognava che la scuola liberale avesse avuto un uomo abbastanza di genio per sprezzare il sistema, e, pur essendo conservatore, volgersi all'azione. E ci voleva, dall'altra parte, un uomo di spirito abbastanza elevato, perché vedendo l'impresa vicina ad essere compiuta dall'odiata monarchia, e strappato alla democrazia quel potere che ogni partito agogna, avesse steso risolutamente la mano agli emuli. L'Italia è stata felice, perché a costituirla han lavorato insieme il genio di Cavour ed il patriottismo di Garibaldi. Ecco perché questi due uomini, i quali si sono combattuti in vita, dalle nuove generazioni saranno messi sullo stesso piedistallo e considerati l'uno complemento dell'altro, entrambi fattori necessari del risorgimento nazionale.
Giunti qui, potete comprendere il disegno delle nostre investigazioni. Vi presenterò innanzi tutto Giuseppe Mazzini, il quale, mentre Manzoni toccava l'apogeo della sua gloria, era, ancor giovinetto, a meditare la Giovane Italia nelle prigioni di Genova. Accanto a lui primo, non come pensatore ma per l'azione, vi mostrerò il filosofo della scuola, Niccolini, ed il poeta lirico, Berchet. Poi questo contenuto democratico ve lo farò vedere maneggiato fino al piú schietto umorismo in Guerrazzi. Infine considereremo i due scrittori ultimi nel cammino ideale della storia, uno che gitta un allegro sorriso su tutto quel movimento, l'altro che chiude il movimento con la sua profonda malinconia, Giusti e Leopardi.
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