I giovani genovesi pensarono di farsi carbonari. Torre, uno studente di legge, giá iniziato, ne parlò a Mazzini che vi si fece ammettere e ricevette la missione d'impiantare una sezione in Livorno. Egli vi andò e v'incontrò due giovani ch'erano piú provetti ed anche piú innanzi nel movimento, il povero Bini e Guerrazzi. Bini era un giovane di quelli che oggi si chiamano sentimentali, anima grande, e nondimeno rósa da desolante scetticismo. La vista del volgo che lo circondava, specialmente in paese commerciale come Livorno, dove nessuno pensava alla patria, lo aveva demoralizzato. A lui si rivolse Mazzini e quantunque non sperasse punto, Bini gli promise aiuto. - Guerrazzi era pieno di forza, persuaso di poter fare con le sue opere piú di quello che non era dato agli altri di fare, troppo pieno della sua personalitá. Mazzini, nemico dell'individualismo cosí esagerato, si affezionò piú a Bini, giovane povero, intelligente, pieno di fede, il quale morí senza lasciar altro ricordo che una breve memoria scritta da Mazzini.
Nacque una corrispondenza fra i giovani di Livorno e quelli di Genova. Soppresso l'Indicatore genovese, si fondò l'Indicatore livornese, con annunzi commerciali e bibliografici come il primo: infine la polizia del granduca ne proibí la pubblicazione.
Mazzini tornò a Genova, sempre agli ordini della Carboneria. Gli fu comandato di andare ad iniziare un giovane carbonaro francese. Si chiusero in una stanza: Mazzini snudata la spada, badava alle solite cerimonie. Ad un tratto si aprí un uscio, una testa comparve, si ritirò. - Chi è?, domandò Mazzini.
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