Nell'esilio, girando per l'Europa, acquistò molte cognizioni personali di poeti russi, polacchi, tedeschi, specialmente in mezzo all'emigrazione la quale rappresentava allora ciò che di piú colto era in Europa. Ma le agitazioni politiche non gli lasciarono il tempo di approfondire le sue conoscenze; e gli avvenne come a molti altri, di vivere piú tardi a spese del bagaglio giovanile, che per lui non era certo poca cosa: quindi anche inoltrato negli anni la sua coltura era su per giú la stessa.
Ferveva la lotta fra classici e romantici. Inutile dire che Mazzini, - e, con lui tutta la gioventú che in Genova ed in Livorno lo circondava - fin dal principio si chiarí pel romanticismo, il quale per lui e per quei giovani era quel medesimo che in politica la Rivoluzione francese, era la libertá dell'arte rivendicata, come la Rivoluzione era la libertá individuale rivendicata sulle rovine del passato: si rivendicava la libertá e la spontaneitá del genio contro le imitazioni classiche e la letteratura arcadica, accademica, vuota, che dominava in Italia. Ma come in politica combatteva la Rivoluzione francese perché si appoggiava sull'individualismo, da cui egli credeva non potesse uscire se non anarchia e materialismo; - anarchia perché alla libertá individuale mancava un centro ed un freno, materialismo, perché tutto era benessere individuale, - cosí in letteratura combatte anche l'individualismo. Quella non gli pareva letteratura nuova, ma espressione ultima di una giá esaurita.
Le letterature esaurendosi hanno un gran genio che rappresenta non il nuovo ma l'antico, quasi sintesi delle evoluzioni giá da esse compiute.
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