Non in Germania, perché i tedeschi se ne stanno nelle ombre e nel vago: allora non si poteva supporre che la Germania cosí presto sarebbe stata positiva ed avrebbe mostrato tanta forza d'azione, allora non si vedevano che le nebbie germaniche. In Francia osserva Mazzini, è il contrario, in Francia domina troppo il finito, in Germania troppo il sentimento dell'infinito: a ciò bisognava aggiungere la forza d'azione. Giá indovinate che il paese predestinato è Roma. Come ne uscí l'unitá religiosa, cosí ne uscirá l'unitá letteraria: quindi egli chiama italo-europea la nuova letteratura.
Non seguirò Mazzini nello sviluppo delle sue dottrine e ne' suoi giudizi critici. Noterò solo che ha lasciato lavori critici importanti, specialmente notevoli quelli che scrisse in Inghilterra e che ancora sono pregiati colá, come molti scritti di Foscolo.
I difetti di queste opinioni sono gli stessi che delle opinioni sue religiose, politiche, filosonche. Lí è l'uomo preoccupato dell'universale, che non tiene in gran conto le differenze nazionali ed individuali: in letteratura è il medesimo. Innanzi tutto non comprende l'ideale come arte, ma come veritá, e la veritá appartiene alla filosofia. Comincia con un inno alla libertá dell'arte e poi per odio all'individualismo, imprigiona l'arte di nuovo e la chiude nella veritá o falsitá d'un concetto.
Per lui quell'arte è importante la quale rappresenta un contenuto vero, ed è spregevole quella che rappresenta un contenuto falso: quindi rigetta Goethe e Byron, perché vi trova un contenuto contrario a' suoi propri concetti, e leva alle stelle una poesia che tutti oggi hanno dimenticata, l'Esule di Pietro Giannone, perché ha contenuto patriottico, e perciò solo loda Berchet.
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