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      Nel 1830 le speranze di Rossetti risorsero: nel 1831, durante la rivoluzione dell'Italia centrale, lanciò una canzone di guerra che anche oggi va per le mani di molti. Il disinganno doveva venir subito, e quell'anima poetica, che ad ogni movimento politico si commoveva, in un'altra poesia espresse le sue disillusioni. Dopo lo scacco del 31, per quanto piú aveva avuto fede, tanto piú si avvicinò alla disperazione: l'eccidio di Cracovia compiuto dagli austriaci, la rivoluzione francese del 48 lo scossero, ma quegli avvenimenti che avevano tirato Garibaldi dall'America e spintolo ad offrire la sua spada a Carlo Alberto, non trassero Rossetti da Londra. Si volse ad un altro apostolato, si chiuse in sé, e si pose a fare lo scrittore.
      Quali sono i concetti suoi in questa seconda parte della sua vita? Ci rimangono di lui sette od otto volumi che nessuno ha letti e, lo dichiaro francamente, non li ho letti io nemmeno, - pesanti, irti di teologia e di cose scolastiche. In mezzo all'ambiente inglese si persuase che in Italia era possibile la monarchia rappresentativa ed una riforma religiosa fondata sopra una Chiesa nazionale come quella dell'Inghilterra. Perché - diceva - l'Italia non dovrebbe prestarsi ad una riforma siffatta? La Riforma protestante, che si svolse in Germania, non ebbe i suoi precursori in Italia? Che altro desideravano Dante, Petrarca, Boccaccio, gli scrittori del Cinquecento, se non quello che Lutero, Calvino, Melantone compirono in Germania? Non erano tutti animati da spirito antipapale?


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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