Infine si forma l'Italia, e, come Renzo e Lucia, maritatisi, se ne andarono a Bergamo, cosí l'Italia non volle rimanere a Torino e se ne andò a Roma.
Ho voluto dirvi questo per mostrarvi come corrano lisce queste cose, e come sia agevole spiegare Dante con certi preconcetti in mente, alla maniera di Rossetti.
Egli non ebbe fede nel 1848: rimase in Inghilterra, e, giunto a tarda etá, vi morí, lasciando nome onorato.
Il modo col quale un esule può onorare la patria è mantenersi onesto, domandare i mezzi dell'esistenza al lavoro, illustrare il suo paese con gli scritti. Questo fece Gabriele Rossetti, e perciò ha diritto alla nostra venerazione.
Ora, che cosa rappresenta egli nella letteratura italiana? E innanzi a tutto, qual'è la Scuola da cui uscí? - In quel tempo nell'alta Italia ferveva la lotta tra classici e romantici, da una parte era Monti co' suoi seguaci, dall'altra Manzoni, Pellico, Tommaseo. E la lotta si estendeva in Piemonte e si ripercoteva nella Toscana. E in Napoli? Non c'era ancora alcun'eco di quel lavorío, vi dominava la vecchia scuola della decadenza letteraria, la quale con Tasso e Metastasio e Filicaia e Guidiccioni e il cavalier Marino mescolava quel po' di latino con cui s'inverniciavano gli studi. Niente accennava a qualcosa che avesse l'impronta del nuovo secolo; il marchese Puoti non aveva levato la bandiera del purismo, e sapete che il romanticismo giunse piú tardi e fu semplice riflesso di quello dell'Italia settentrionale. Perdurava l'antico andazzo ampolloso lirico-musicale.
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