Per esempio, invece di dire Austria, disse aquila bicipite: Niccolò fu per lui l'orso di Russia: sempre è un nuovo oggetto preso a rappresentare la cosa ch'egli ha innanzi. Potete supporre quanta freddezza derivi da questa maniera, poiché il calore della poesia deve sgorgare dall'oggetto stesso che si vuole rappresentare, e quando invece di esso mettete un altro il quale ha con quello attinenza, avete al tempo stesso l'oggetto ed il simbolo, vi manca l'intuizione rapida ch'è base dell'interesse poetico, e se l'intelligenza è occupata come a spiegare una sciarada, il cuore rimane immobile. Questo voler avvolgere tutto in visioni e metafore e simboli e comparazioni, non dá le cose come si presentano a chi se ne appassiona, ma, per cosí dire, in duplicato, sí che volendo andar dietro all'una ed all'altra, si perde interesse per l'una e per l'altra.
Questa maniera di poesia è grande nella Bibbia, anche in Dante, ma diventa ridicola se è adottata da un uomo del secolo XIX come Rossetti. Essa ha importanza quando corrisponde al sentire contemporaneo; ma se non è effetto del sentire del poeta, ed è semplice imitazione di forme cavate dalla Bibbia, da Dante, dalla Scolastica, subito ci vedete dentro qualche cosa ch'è fuori del poeta e che a lui toglie la spontaneitá.
Perché questo giudizio non vi sembri troppo severo, vi mostrerò qualche poesia di Rossetti. Abbiamo le sue Salmodie: Manzoni aveva scritto gl'inni, Rossetti volle scrivere i salmi, che sono la varia storia dell'umanitá dal punto di vista religioso, e rappresentano il giudizio universale, la creazione, il trionfo del regno di Dio, ecc.
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