Ma è vero che il progresso esce piú forte dal seno della reazione? È incontestabile. Il progresso è il moto del pensiero umano, e, se il pensiero si abbandona in un'acqua morta, il moto si fa pigro e lento; ma mettetelo nelle contraddizioni, nelle lotte, nelle reazioni, e tutto questo diventa cote e stimolo ad affrettare il movimento. Da ciò un fatto che a molti sembra singolare eppure è vero e provato, cioè che il progresso nasce dai dolori e dalle oppressioni, sotto i suoi vari aspetti di nuova letteratura, di nuova filosofia, di nuovo assetto politico.
A proposito, quantunque non sia solito a ricordare queste cose, mi permetterete di narrarvi un breve aneddoto della mia vita al 48. Ero in prigione: la prigione accende le fantasie e spinge a fare versi, ed allora anch'io composi i miei pochi versi. Varie strofe rivolte alla libertá erano seguite da un ritornello, piuttosto scemo:
Sempre vince, sempre vinceE perdendo vince ancor.
Un giorno canticchiavo il ritornello ad alta voce: la porta si aprí: spesso in quel tempo avevo l'onore d'essere visitato dal commissario e dal cancelliere. Il commissario era stecchito, pallido, - tipo «gesuita», - il cancelliere viso ovale, grosso, tipo canonico e gaudente. Quel giorno dunque entrò all'improvviso il commissario domandando: - Chi vince? - Che so io? risposi, ma fra me dicevo: Stupido, non capisci che chi vince sempre, anche perdendo, è la libertá! -
Quando nasce l'apatia e l'inerzia? Quando manca la lotta, ed oggi dopo tanto fermento volgiamo appunto all'apatia perché non c'è lotta.
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Stupido
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