Colá allora erano Lord Byron, Sismondi che parlò delle cose italiane con simpatia d'italiano, Stendhal il romanziere, la Staël entusiasta della Germania, assai festeggiata presso di noi come autrice della Corinna e che, per avversione a Napoleone, gittava giú la Francia e innalzava le cose tedesche. Immaginate quante idee ed impressioni nuove! E con esse entrò la nuova parola, romanticismo, e tutti gl'imitatori di Foscolo e di Monti si dissero romantici.
Siamo al 1815. Manzoni scriveva gl'inni, Tommaso Grossi cominciava la sua Ildegonda. Il primo giovane che aprí il fuoco e, rinnegando esempii e modelli seguiti fino allora, si mise audacemente sotto le insegne romantiche, fu Giovanni Berchet, il quale aveva circa trentadue anni. Rigettò il classicismo ed il 1816, un anno dopo l'apparizione degl'inni, egli pubblicò la celebre lettera sotto il nome di Grisostomo, nella quale combatteva i principii classici, opponendo ad essi nuovi principii e nuovi modelli. Valentissimo traduttore dal tedesco, aggiunse alla lettera le due ballate di Bürger, il Cacciatore feroce e l'Eleonora come esempii.
La lettera fece sí grande impressione che il principe dei classici, colui che si chiamava Dante redivivo, Monti scrisse per mettere in caricatura i romantici e specialmente Bürger.
Come Beccaria e Verri fecero propaganda col Caffè, i nuovi romantici, Grossi, Pellico, Bellotti, ecc., fondarono il Conciliatore in casa del conte Porro, ricchissimo, ai figli del quale insegnava Pellico.
Lo scrittore piú assiduo e piú fecondo fu Berchet.
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