Esaurito, nel suo sessantottesimo anno morí tra le braccia del suo amico Arconati. E qui mi piace notarlo, Arconati, si può dire, fu padre a Berchet perché mentre questi a Londra viveva a stento, l'Arconati esule anch'egli, ma ricco, lo volle in sua casa e lo tenne con sé. Allora il poeta, come Pellico presso una signora piemontese, menò vita agiata, viaggiò con l'Arconati in Francia e in Germania, e non se ne separò nemmeno a Torino. Se egli non dovè desiderare un'esistenza tollerabile sul finire della sua vita, ciò fu per opera dell'insigne nobile milanese.
Abbiam visto che Berchet passa per parecchie maniere. Prima è l'imitatore di Parini e di Foscolo, poi il giovane che si mette a capo del romanticismo e scrive lettere ed articoli per sostenere quelle opinioni, - poi è l'autore d'una lirica nuova, patriottica, italiana. Vogliamo studiarlo sotto questi diversi aspetti.
Le prime sue poesie sono traduzioni, tra cui quella del Bardo di Gray: scrivendola, aveva appena venti anni. Voglio mostrarvene un brano a consolazione di tanti giovani che mi trovano molto severo pe' loro versi: Berchet allora, scriveva poco meglio di essi. Il Bardo scomunica il re Odoacre conquistatore del suo paese:
Lo sterminio ti colga, o re crudele!
Confusione accompagni i tuoi vessilli;
Anco agitati da' sanguigni vanniDella conquista, in oziosa pompa
Stanno l'aere schernendo; ei nondimeno.....
Sentite quanto di fiacco sia in questa scomunica: c'è tutto il senso del testo inglese, ma non il calore. Quale immagine sta innanzi al Bardo, e come doveva essere espressa, e che le manca in questa forma?
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