- Per lui dunque la letteratura popolare dev'essere tale da esser compresa, non da questo o da quel gruppo sociale, ma da tutti quelli che stanno fra l'ignoranza ed una dottrina giunta sino all'estinzione del sentimento poetico.
In Italia da moltissimo tempo i canti popolari non esistono piú, e quelli che oggi si chiamano cosí, piú che importanza veramente poetica, hanno importanza per lo studio dei vari dialetti. Alla cima della societá italiana, dall'altra parte, furono per lungo tempo i letterati di Corte e di accademie che compirono la storia della decadenza nazionale. I letterati del Cinquecento servirono nelle Corti, avevano ufficio di piacere a' principi, erano i mantenuti delle Corti e de' principi. Poi vennero gli accademici che scrivevano solo per un piccolo numero di eruditi, come erano i componenti dell'Arcadia, periti in cose greche e romane, che si servivano di una lingua artefatta e di un repertorio convenzionale. - La letteratura non può volgersi né a questi accademici e cortigiani, né agl'infimi strati sociali, deve farsi capire da quelli che hanno coltura, senza niente di artificioso e di convenzionale.
Da questo concetto nuovo della letteratura deriva innanzi a tutto un contenuto popolare e poi una forma popolare. Prima, qual era il contenuto letterario in Italia? Ritrarre le tradizioni, la religione, la mitologia, i costumi, le opinioni de' greci e de' romani. Evidentemente tutto ciò può interessare archeologi ed eruditi, ma che interesse può destare nella grande massa della nazione?
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