Quest'orgoglio rapirmi potrá.
Quante volte, oppressi dalla tirannide, leggevamo questa strofa, ci sentivamo percossi da un non so che per cui ci sentivamo sollevare, e dicevamo: ecco un monumento della dignitá umana! Quando un uomo, credendosi umiliato, fa della sventura il suo orgoglio e si pone al di sopra di chi lo compiange č in lui del dantesco. E c'č del vero, c'č un forte sentimento il quale non poteva esprimersi se non in quel modo epico e sublime. Qui č la parte viva della poesia, ciň che la rende in certo modo originale.
Passerň ora a spiegarvi come da quel sentimento nascano le forme che de' Profughi fanno la prefazione delle altre liriche patriottiche di Berchet.
[Roma, 29, 30 e 31 marzo 1874.]
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GIOVANNI BERCHET
Decima lezione del prof. Francesco De Sanctis.
Abbiam veduto, nell'Esule di Parga, reminiscenze classiche e romantiche. Guardando a quella varietá di metri e di generi, a quel miscuglio di epico e di lirico, giá si scorge una forma nuova, romanza o ballata. Chi si ferma alle descrizioni, alle tirate, alla soverchia abbondanza di dialoghi vuoti di azione, vi troverá reminiscenze classiche, reminiscenze di Monti e di Foscolo: ma chi poi profonda lo sguardo nei sentimenti che danno vita alla poesia, si accorgerá di avere innanzi nuovo contenuto in forma nuova.
Ci trovate, come protagonisti, l'esule ed Arrigo. Non sono due persone: in essi la personalitá č appena abbozzata. Sono due sentimenti, che con vivacitá potevano essere appresi da chi aveva abbandonato da poco la patria sua, lasciandosi dietro tutta una rivoluzione e tutta una reazione, il 21. Da una parte, č il dolore della patria perduta che mena al suicidio, č l'indignazione della patria venduta che fa alzare un grido di vendetta, trasforma il dolore in furore, e, col pensiero delle ire che compier si denno, richiama il suicida alla vita:
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