John Stuart Mill, il grande economista, si dilettava di poesia e di musica, ma da economista, col cervello. Una volta computava quanto carbon fossile rimane ancora sulla terra, per predire quanto dureranno le locomotive. Cosí un giorno, stando ad udir musica, rimaneva distratto. Domandato, rispose: Penso che le note musicali sono in numero determinato e vo calcolando il numero delle combinazioni melodiche per cui può passare una nota musicale. La musica dunque, secondo lui, finirebbe quando si fossero esaurite tutte le combinazioni, perché allora sarebbe ridotta alle reminiscenze. E non pensava che, siccome ogni individuo è una combinazione nuova, una cosa a sé ed infinita al tempo stesso, cosí non c'è combinazione la quale somigli ad un'altra, perché essa non nasce dalla nota, è figlia del sentimento e dell'impressione, che sono sempre cosa nuova.
Non c'è dolore simile ad altro dolore, o, in generale, non c'è sentimento simile ad altro sentimento, non impressione simile ad altra impressione. Non vi arrestate perciò agli artificii tecnici, oltre cui è la creazione, la quale inconsciamente produce ciò che chiamiamo artificio.
Anche lo stile, la forma dell'Esule di Parga è cosa nuova. Non è lo stile di Manzoni e di Leopardi, benché questi due sieno perfetti, ed esso imperfetto, ed attenda ancora l'artista che gli dia l'ultima mano. È come il linguaggio nostro, ordinario, immediato, traduzione subitanea di quel ch'è dentro. Sarebbe cosa insipida, volgare, insopportabile, se il poeta scrivesse a freddo, ma qui, dove tutto esce da una vera ispirazione, da un cuore veramente commosso, ciò che possiam quasi chiamare polvere è attirato e confuso nell'onda melodica, frammischiata di frasi nuove come: tripudio del pensiero, un'altra dal petto si toglieva il lattante, e
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