Lá è la stoffa de' grandi poeti, il fondo da cui si sollevano i grandi rêveurs. È il Traum de' tedeschi, il rêve dei francesi, una disposizione a fantasticare, specialmente in coloro che non hanno fibra molto forte, non sono molto espansivi, vivono di sé e con sé. A questo genere appartiene una bella poesia di Goethe, nella quale parla di sé stesso, quand'era ragazzo e sognava di essere cavaliere errante. E chi di voi non ha avuto o non ha di questi momenti? Quante volte io pure fantasticando, ho combattuto battaglie immaginarie, rimanendo, s'intende, sempre vincitore. Siffatto fenomeno, quando vi s'imbatte il genio, diventa vera poesia. In Italia ce n'è poche, anzi alcuni credono che lo spirito italiano non le comporti. Dicono: con questo bel cielo, con questa bella natura, con una vita espansiva, vita di piazze e di caffè, l'Italia può avere poesie alte e rumorose, poesie patriottiche e bacchiche, non poesie di raccoglimento e semplici. Eppure ricordo molti accenni di questo genere in Dante, moltissimi in Petrarca, - il primo e piú grande rêveur - , ne vedremo anche in Leopardi, sicché codesta opinione non è interamente vera.
Nella poesia italiana piú dei rêves dominano i sogni. Sogni simbolici trovate in Dante, sogni trovate in Petrarca, un sogno è nella poesia di Manzoni per la morte di Imbonati, un sogno è nel Primo amore di Leopardi. Ma anche questo genere è rimasto estraneo alla vera e grande poesia italiana: non ha prodotto niente di eminente, e che rappresenti proprio il succedersi de' fatti come avviene in sogno.
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