Chi direbbe per esempio, che il sogno di Manzoni sia un sogno? In che si distingue dalla realtá? Dove sono quelle transazioni, quel vagare di fantasmi in fantasmi proprio del sogno? Sicché bisogna conchiudere che de' due generi da' quali nasce la Fantasia, il sogno ed il rêve, non abbiamo ancora tali monumenti poetici da farci riconoscere ivi una parte importante del genio italiano.
E le Fantasie di Berchet non sono né rêves, né sogni, sono altra cosa, ed hanno una profonda base reale: sono le visioni trasformate. Per capire questa trasformazione vediamo come egli le ha concepite.
Avete mai badato a quel momento che il popolo, cosí efficace quando vuol dire le cose che sente, chiama tra sonno e veglia, stato intermedio, il quale «non è nero ancora e il bianco muore», quando non è ancora veglia ed il sonno finisce? È l'istante che precede l'alba, allorché l'anima, sazia di sonno, si dispone a svegliarsi, ed i fantasmi pigliano forme precise, come se li avessimo innanzi a noi stando desti. Si narra che Rousseau teneva la penna presso al letto, perché i piú bei pensieri gli venivano in quel punto, e, svegliatosi, afferrava la penna e scriveva perché, diceva, codeste idee non gli si sarebbero piú affacciate. È allora l'entusiasmo incosciente della creazione. Voi ricordereste la sostanza di ciò che vi passa per la mente in siffatta situazione, ma non trovereste piú quelle immagini, quelle forme.
Questo è il momento in cui si presenta l'esule cioè Berchet: egli non dorme, è sopito:
Era sopito l'esule,
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