La forma con cui tutto ciò vien fuori è la Fantasia. Ora, quando opera la fantasia, vuol dire che il poeta ha acquistato sufficiente libertá di spirito, tanto da non rimanere dominato dalla realtá. Allora l'uomo entra in contatto con la natura e con l'universo, perché si sente capace di guardare intorno a sé. Il dolore è egoista, e si chiude in sé stesso; ma quando l'immaginazione si mette in moto, vuol dire che l'uomo ha giá la forza di uscire di sé, di fare la natura partecipe ai suoi affetti. Qui, in queste visioni, balza fuori tutto un mondo esteriore che pare non esista nei canti patriottici; - qui vedete Costanza, il campo di battaglia, e monti e pianure, la natura tutta, il teatro, la scena che nei primi canti manca affatto come in Alfieri. E lí in mezzo un agglomerarsi di fantasmi, e fra essi sorge un protagonista, l'uomo eminente, superiore alla folla, eppure interprete della folla; il quale parla in una situazione determinata esprimendo il senso ascoso in quella scena e in quei fantasmi. Protagonista è l'esule stesso, che vegliando o dormendo, fra popoli civili e barbari, su monti coverti di geli, in valli verdeggianti
Sempre ha la patria in cor,
sempre, dove che sia, i suoi fantasmi sono l'Italia.
Fissata cosí la situazione dell'esule, comincia la Fantasia. Dopo breve descrizione della scena, viene il nunzio; e, seguitando, dall'esaltazione si passa all'accasciamento. Che bei tempi quelli! Ed oggi? chi mi comprende in Italia? E viene una seconda Fantasia, e con essa un ebbro, rappresentante della moltitudine, dato alle donne, a' canti, alle danze, a' suoni, e che appoggiato sur un candido seno, sente anche noia nell'udire i lamenti degl'italiani, - ei li chiama nenie - e passa la vita come si passa generalmente da' popoli molli; inutile, ma come a lui è possibile, nel vuoto.
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