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      Patria!... Spilberga!... vittime!...
      Suona il suo gemer tristo. -
      Quel che dir voglia, il sanno;
      Com'ella pianga, han visto;
      E niun con lei partecipaTanto solenne affanno,
      Niun gl'infelici e il carcereOsa con lei nomar.
     
      È una di quelle strofe perfette, in cui vien fuori appunto la forma di cui vi parlo, dove l'impressione non è nei pensieri, nei colori, negli epiteti; è nella cosa stessa.
      In questi casi anche l'accento si trasforma e certe frasi che paiono semplicissime, si pronunziano con voce cupa, la quale annunzia lo stato dell'anima.
      Trovandosi la mente del poeta in tali condizioni, ne erompono forme immortali nella loro naturalezza.
     
      Libertá mal costume non sposa,
      Per sozzure non mette mai piè.
     
      Ed altrove:
     
      Volenti, possenti, quai Dio ne creò!
     
      E quell'altra:
     
      Maledetto chi usurpa l'altrui.
      Chi 'l suo dono si lascia rapir.
     
      Sono tante sentenze affilate che vengon su schiette e forti sol di sé medesime.
      Poi, quel non so che di gelato e di condensato si comincia a sciogliere, nasce l'espansione e l'effusione. Sono certi forti sentimenti che ad un tratto mettono l'anima in moto e la fantasia in concitazione: dalle forme mute si passa ad altre forme. Una delle piú spiccate, fra queste, corrisponde alle grandi gioie, alle grandi consolazioni. Perché, se il dolore ci serra le porte della vita e ci conduce a non guardare che in noi - essendo la fantasia cosí depressa da non aver occhi per quanto la circonda - proprio della gioia è farci diventare espansivi. Nel nostro autore ci son due poesie corrispondenti a due di questi momenti nei quali, contro il solito, diventa fin troppo prolisso e si mette in comunicazione con la natura esterna.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





Dio