- E la Toscana? Finora non ci avete parlato della vita della Toscana, di Firenze. E infatti cosí, per incidente, vi ho citato qualche nome, quello, per esempio, d'un illustre superstite della scuola manzoniana, della scuola guelfa, il nome di Gino Capponi, - e quello di qualche altro che si occupò di scuole popolari, fors'anche quello del Salvagnoli, di acuta mente e avveduta nelle cose politiche. Ma tutti costoro sono il corteggio, non vi ho indicato ancora alcuno che si levi e dica: io sono la vita toscana, alcuno che rappresenti il classicismo o il romanticismo, i neo-guelfi o i neo-ghibellini, i moderati o i democratici di quella contrada. Eppure, tutti gl'illustri di cui vi ho detto, miravano sempre a Firenze, e vi andavano spesso. Colá trovate Colletta e Pietro Giordani, piú tardi Alessandro Manzoni e D'Azeglio. Come prima era stata sede gradita di Alfieri e di Foscolo, Firenze sembra che sia ancora il centro d'attrazione, senza che que' valentuomini, oltre la grata ospitalitá, possano trovarvi un'eco, produrvi un movimento.
Che era Firenze a quel tempo? Era come un uomo che si trovi nobile per la grandezza de' suoi antenati, - la grande cittá da cui uscirono le potenti iniziative del mondo antico italiano, da Dante a Francesco Redi. Era un passato illustre immobilizzato e regolato. Cosí uno che abbia molti libri, e non li legge, pure li dispone nell'anticamera, in ordine, sí che facciano bella figura. Firenze serbava il passato in elegante mostra, era la cittá dell'Accademia della Crusca, delle pinacoteche e de' musei.
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