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      Tutti vi andavano ad ispirarsi in quelle memorie, come vanno gli artisti a Roma, ma la vita non vi si svegliava. Firenze credeva che il mondo si fosse arrestato lá dov'essa s'era fermata.
      Ed il mondo presente era la negazione di Firenze, la negazione del passato ch'essa custodiva con tanta cura: negazione della lingua quale essa la riveriva ne' classici, negazione del pensiero com'essa lo concepiva ne' classici medesimi, negazione di tutto ciň che Firenze era avvezza a riverire in due grandi, Dante e Machiavelli. E la negazione non era soltanto in Europa, rumoreggiava alle porte della citta. Ricordate Cesarotti, ricordate la Proposta di Monti, che assalivano fin l'Accademia inclita, la quale riassumeva il passato di Firenze.
      Al principio del secolo comincia a discernervisi qualche traccia di vita. Se ad un nobile dite: la gloria, di cui vi fate bello, č gloria de' vostri antenati, non valete niente voi, - egli si scuote. Questo fu il principio della nuova vita: colá fu resistenza, fu spirito conservatore della cittá ammantellata nelle sue glorie trascorse. Colui che rappresentň con splendore e dottrina questo movimento di resistenza fu Giambattista Niccolini. E come le grandi cittá hanno sempre rivali, come Palermo ha dirimpetto Messina, e Milano Pavia, cosí Firenze ebbe a rivale Livorno. Firenze affermava il suo classicismo, mentre in Livorno compariva Guerrazzi, democratico come Niccolini, ma tempestoso e violento; appassionato l'uno, limpido e sereno come rocca di cristallo l'altro.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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