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      Lascio stare il Foscarini con cui tentò entrare nell'ambiente storico di Manzoni, lavoro mal riuscito, ed esaminerò l'Arnaldo da Brescia e il Giovanni da Procida, che ebbero tutte le vicende d'un libro celebre.
      Giovanni da Procida è qualcosa di simile a Guglielmo Tell, un uomo che, per l'onta fatta alla moglie, gira tutta l'Europa hostem quaerens, cercando il vendicatore.
      Il dolore privato purifica l'uomo, sí che sotto il marito oltraggiato spunta il cospiratore, e nel cospiratore il patriota, e nel patriota non solo quello che vuole libera la sua regione, la Sicilia, ma il patriota italiano, come rivela l'odio che egli sente per tutto ciò che è francese.
      Sparsa in Sicilia la voce della sua morte, Giovanni va a Palermo e difilato corre al cimitero dove sono le ossa di suo figlio e dove, per altra parte, giunge la figlia, Imelda, che egli crede ancor vergine e destina sposa ad un suo compagno di cospirazione. Questa è la prima scena. Ed eccoci entrati non in un dramma dove tutte le parti sieno intricate, ma proprio in una selva oscura di misteri. Il padre parla alla figlia; ma sente un mistero e rimane atterrito come innanzi a cosa che non comprende, ed all'ultimo apprende che Imelda è maritata ad un francese. Altro mistero: cápita il francese, ed ha l'accento italiano: che cosa è? A questo modo sempre piú s'ingarbuglia l'azione e, di mistero in mistero, all'ultimo, quando sta per calare il sipario, si sa che il marito d'Imelda è fratello di lei. Il francese grida: «Io spiro!», - Imelda sviene, e il popolo si precipita sulla scena gridando: all'armi!


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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