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      - C'è buon senso in tutto ciò? Oggi ne ridiamo, e si poteva riderne anche allora. È evidente che un uomo siffatto si può raccomandare alla nostra attenzione come filosofo o come poeta, se fosse nato poeta; ma, altrimenti, che rispetto può meritare? Se leggete Abeilardo, vi sentite pieno di rispetto pel filosofo; leggete Dante, che aveva un'utopia molto simile a quella di Arnaldo, e v'inchinerete innanzi al poeta. Questi veramente potete dirli precursori. Ma quando uno entra nell'azione, non è piú il poeta o il filosofo, ma l'uomo di Stato, il politico, che deve calcolare i mezzi e adattarli a' suoi fini; e s'egli fa grossi sbagli, potete chiamarlo visionario e fanatico, non serio personaggio da tragedia, cioè tale che possa produrre effetto serio su voi.
      Infatti che è quel popolo e quel papa? Sotto le grandi frasi tragiche, trovate il ridicolo. Arnaldo parla al popolo romano, ancora schiacciato dal feudalesimo, diviso per le gare delle potenti famiglie, parteggiante pe' Colonnesi o pe' Frangipani; quel popolo diceva: - viva chi vince. Comincia la predica, ed un popolano salta a dire: sarebbe magnifica occasione questa, di saccheggiare le case dei patrizii. No, dice un altro, per saccheggiare le case del clero. Ed Arnaldo a gridare: - che dite? Giustizia! leggi! - E gli si risponde: sappiamo che abbiamo a fare, andiamo a casa, staremo con chi vince, usciremo a lotta finita. - Arnaldo ha il coraggio di oltraggiare quel popolo, di chiamarlo vile, sí ch'è minacciato, ma riesce a mettergli un po' di sangue nelle vene; e quei bravi svizzeri dicono: siate uomini, se no diremo che Bruto è ancora sepolto.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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