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      Non ardiva: era italiano, scriveva una tragedia politica, e gli ripugnava far vedere il popolo cosí infedele ad Arnaldo. Quindi or avete innanzi qualcosa di eroico, ora qualcosa di femminile.
      Adriano, cosí com'è concepito, sarebbe stato un carattere magnifico. Un povero frate, un inglese, capita a Roma, la Babilonia, centro di tutte le bassezze e di tutti gl'intrighi; e, divenuto papa, sospira la quiete del suo monastero, le nebbie del suo paese, sdegnato che tanto riso di cielo accompagni tanta depravazione. Stizzito dai romani, rifugge dallo spargere sangue; ma a poco a poco, sdegnato nella lotta, giunge a non respirar piú che sangue, diventa snaturato piú dell'imperatore, feroce piú dei soldati che si presentano a lui con le mani insanguinate e rimangono quasi vergognosi alla sua presenza. Ed egli grida: sollevate l'animo, chi combatte pel papa è degno del cielo, io vi assolvo. Aveva cominciato da monaco, e buono, la necessitá del regno lo fa snaturato, dimentico del suo carattere e di sé. - Che stupendo carattere, se Niccolini l'avesse potuto studiare a dovere, e mostrare per quale cammino l'uomo cosí buono si trasforma in quel papa! Ma, naturalmente, la tragedia allora non sarebbe piú Arnaldo da Brescia, bensí Adriano, il carattere cosí interessante del papa assorbirebbe tutto. Ebbene, chi è questo Arnaldo foggiato da Niccolini?
      Uno studente dell'Universitá di Parigi, che predica sempre, anche in carcere, e, stando per morire, gitta fuori tutte quelle cose imparate, in gergo simbolico, teologico-filosofico; - è l'uomo tutto intelligenza, sí che fa dissertazioni in versi.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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