Que' pensieri son essi divenuti fiamma in lui, calore, vita? Poiché non crediate che lo scienziato, il filosofo sia tutto: è ancora nulla; perché diventi materia di poesia, dev'essere uomo che senta impressioni ed abbia passioni, abbia uno scopo, e quindi si mescoli in tutto ciò che di nobile e di basso è nella vita. Qui è l'uomo, qui è l'interesse.
Ma uno che sempre fa lunghi ragionamenti, e sempre parla del suo martirio e della sua libertá, e vitupera i vescovi e quanti lo circondano, e dice continuamente a' romani delle loro glorie - tutto questo non è poesia.
Arnaldo è Giambattista Niccolini, che l'ha formato a sua immagine. È un uomo che non ha pensiero di famiglia o di figli, di coltura non comune, ma senza un po' d'immaginazione. Mai qualcosa che vi rallegri o vi distragga ne' discorsi di Arnaldo: tutto è logico. C'è una scena bella, la scena dell'interdetto. Ricordate che c'è qualche cosa di simile nella Lucrezia Borgia di Victor Hugo, dove le preghiere si confondono co' singulti. La piazza è gremita di popolo, popolo credente come nel Medio evo, suona la campana dell'agonia, dentro la chiesa i preti cantano il De profundis. Tutto questo avesse suscitato nell'autore un solo movimento d'immaginazione! Nulla. Fin colei che, atterrita, va a tradire Arnaldo e il marito, è una donnicciuola, mentre nelle circostanze straordinarie anche dagli esseri inferiori esce qualcosa di alto e di poetico. Un'altra scena bella è Arnaldo nella campagna romana. Se Niccolini avesse fatto come Vertunni, che è andato lí a studiare e ne ha cavato mirabili paesaggi!
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