Ma egli l'ha vista da lontano, e come tutti la sappiamo, sparsa di ruine, di tombe, senza un alito di vento. Niente rimane come carattere, niente come paesaggio. Or la prima condizione perché uno possa interessare poeticamente, è che sia, non pensiero, ma passione.
L'uomo al di sopra degli altri, è un'anima che comanda alle altre, le sottopone alle sue impressioni, le fa vivere della sua vita, dá loro un indirizzo, sia egli filosofo o guerriero od uomo di Stato. Niccolini era un solitario, chiuso in sé, senza un'eco al di fuori, senza passioni al di dentro, e cosí è Arnaldo. Gli manca la virtú operativa per cui tu che sei caldo, riscaldi gli altri. Gli manca chiarezza nel pensiero e caldo nell'azione. Quindi questo Arnaldo è un'astrazione, non un personaggio da tragedia.
A questo proposito credo poco necessario dirvi altro. Oggi la tragedia è morta com'è morto il poema epico, forma di altri tempi. Oggi, il poeta che sente con noi, sotto la tragedia vi dá un'altra cosa, vi dá il dramma. Il coturno ed il socco sono iti via, e invano il Niccolini co' cori e con le famose unitá ha cercato dar vita alla tragedia: non è riuscito perché in quel genere non c'è piú vita, e non c'è nemmeno in lui.
L'Arnaldo è stato molto lodato, anche oltre le Alpi, e permettete che qui mi fermi un po' ad un uomo degno della gratitudine degl'italiani, ad Emilio Ruth che ha scritto una storia della letteratura italiana - ingegno non comune dotato di molta precisione critica. Ma, per informarsi meglio, fece lo sbaglio di venire in Italia e lasciarsi circondare dalle consorterie letterarie; perché non ce ne sono solo in politica.
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