Ma io non ti credo.
- Ah, ti ho colto! Tu vuoi farmi credere che non sei geloso, e invece lo sei! Sei geloso anche dei fantasmi!
Egli si aggrappò nervosamente ai ferri del cancello e guardò lontano, con uno sguardo vuoto, incosciente.
Maria si scostò: egli si volse bruscamente, la raggiunse e la serrò fra le sue braccia, dicendole:
- Tu vuoi farmi impazzire; tu vuoi farmi paura. Ma io ti amo appunto perché sei così.
- Andiamo, andiamo! - ella disse, svincolandosi. E si mise a correre: poi attese il fidanzato sugli scalini della porta, e assieme rientrarono nella saletta da pranzo.
Marina smise di leggere. La signora lavorava all'uncinetto. Il tavolo, ora coperto da un tappeto giapponese ricamato in oro, dava alla saletta un'aria intima e raccolta. Antonio guardò Marina, così tranquilla, così savia, forse anche un po' triste, e si domandò perché non s'era piuttosto innamorato di lei, di lei così serena, che certamente non lo avrebbe fatto soffrire.
- Impossibile, - disse subito a sé stesso, - io non posso amare che Maria perché è... Maria. Eppure Marina saprebbe amare meglio di Maria; saprebbe amare, ecco tutto. Ella è anzi un po' triste perché non ama e non è amata. Bisognerebbe che io conducessi qui spesso mio fratello.
Intanto egli e le due fanciulle chiacchieravano animatamente, sotto la quieta luce della lampada velata di rosa, le tre teste giovanili apparivano piene di vita.
Ma ad un tratto Maria domandò:
- Tu vai a teatro, stasera?
- No, vado a letto. Sono raffreddato.
Infatti starnutò tre volte, poi si soffiò il naso, e il suo volto diventò ancora più brutto del solito.
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Marina Maria Marina Maria Maria
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