- Oh che temi? - gridò zio Giacobbe. - Temi che la rubino al tuo Petru dagli occhi cisposi? O che pensi che Efes Mulas o mio figlio professore possano guardarla? Va, va; noi siamo servi e loro sono signori. Va.
E lo spinse per le spalle.
Zio Martinu andò, e ritornò poco dopo con Colomba, che veniva appunto per cercarlo nell'ovile degli Azar.
- Ah, tu venivi qui, Colomba mia? - le disse zio Giacobbe, prendendole le mani. Sapevi che c'erano dei giovanotti signori? Ti piacciono, eh? È inutile che tu li guardi, però: essi non sono per te; essi non vogliono sposare gonnelle di ruvido orbace, ma sottane di seta. Sta in guardia, Colomba mia; se ti guardano e tu china gli occhi, e vieni a dirlo a zio Giacobbe, ché li bastonerà.
- Voi siete matto; lasciatemi! - ella diceva, cercando di svincolarsi, eppur facendo la graziosa. - Io non guardo nessuno, zio Azar.
- Ah, tu guardi Petru Loi dagli occhi cisposi? È quello lì che vuoi? E perché lo vuoi? Perché ti vendi per quattro pecore tignose ch'egli ha?
- Finitela, compare! - disse zio Martinu, seccato.
I due amici, intanto, non cessavano di guardare Colomba. Ed ella, invece di turbarsi, cominciò a scherzare con loro, rispondendo con vivacità ai loro complimenti; ed intanto aiutava a preparar la cena, che riuscì lietissima. Sedettero tutti fuori, nella spianata, sopra sacchi di lana stesi come tappeti, e cenarono alla luce di una lampada di ferro appesa ad un ramo sporgente della capanna. La notte era così calma che la fiamma della lampada neppur tremolava.
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