- La farò sedere vicino a me, chiacchiereremo. Ella sa dire tante cose graziose, è bella, mi vuol bene. La farò sedere vicino a me.
In verità, il suo pensiero non andava oltre; nessuna idea di conquista gli attraversò la mente.
Colomba venne vicino al muro. Sempre timoroso che ella fuggisse, Antonio si rizzò cautamente, dicendole con voce dolce:
- Buona sera, Colomba: vai a prendere il fresco?
- Ella è lì signor Azar? Che cosa fa? - ella disse con voce sicura e forte.
- Ti aspettavo - rispose egli rinfrancato.
- Ma io non sono venuta per lei.
- Lo so, ma giacché ci sei, aspetta: chiacchiereremo un po'. Cosa fa tuo padre?
- Che importa a lei? Ha paura?
- No, perché non voglio farti del male. Perché dovrei aver paura?
- Buona notte - ella disse, accennando ad andarsene.
Ma Antonio saltò agilmente il muro, la rincorse, la prese per la mano, e la costrinse a sedere su una roccia.
Ella era pallidissima, e teneva il capo avvolto in una benda. Antonio la guardava e gli pareva di aver veduto una statua somigliantissima a lei: dove? Quando? Non ricordava bene.
- Perché tremi, Colomba? - le disse, cominciando anch'egli a commuoversi. - Hai paura? Io ti voglio tanto bene.
Ma subito pensò:
- Perché le dico questo? A che scopo? Perché turbarla, o meglio perché lusingarla?
Ma Colomba sembrava più turbata che lusingata, e la sua mano tremava entro quella di Antonio. E poco a poco il suo turbamento parve, per mezzo di quel tremito, comunicarsi al giovane.
- Io ti rassomiglio ad una statua - cominciò egli a dirle.
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