- Non ricordo dove, mi pare in un museo, ho veduto un volto simile al tuo, così avvolto in una benda. Tu sei bella ed io ti voglio bene, Colomba. Tu pure mi vuoi bene, non è vero? Suvvia, dimmi qualche cosa, dolcezza mia.
Ella non rispose, e chinò il volto. Antonio la guardò e si chiese con sincera angoscia:
- Che cosa faccio io? A che scopo? Non sono un vile?
- Parla, Colomba - disse, sollevandole il volto. - Dimmi qualche cosa.
Ella aprì la bocca, forse per dire qualche calda frase di amore, ma egli, che la guardava attentamente, proruppe:
- Ora mi ricordo! È un busto, nel museo di Napoli.
Il volto di Colomba si oscurò: ella capì con la sua intuizione selvaggia e gelosa, che la mente di Antonio non era completamente assorta in lei, e disse:
- Io dovrei andarmene, Antonio Azar, perché tu vuoi trastullarti con me...
- Che ti salta in mente! - egli esclamò, facendo atto di trattenerla.
- No, - ella disse, sorridendo, - rimango ancora un po', non temere, non me ne vado. Altrimenti non sarei venuta. Cosa vuoi? È il mio destino! Io so, e tu stesso me lo hai detto, che non può esserci alcun legame fra di noi, eppure io penso sempre a te, e mi basta vederti per essere contenta.
- Che mai dici Colomba? È vero, è difficile la nostra unione, perché io sono ancora troppo povero, ma chissà col tempo? Fra qualche anno?
- Né fra qualche anno né mai, lo so. Non lusingarmi, Antonio Azar, e non credere che io parli così per furberia, per strapparti cioè delle promesse, (egli infatti pensava così), ma perché ti voglio veramente bene.
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