(7) Questa nuova scuola del materialismo germanico tenta acquistare proseliti anche fuori della Germania. In Francia, nella terra classica dei concetti chiari, essa ha fatto completamente naufragio, come si può vedere dal risultato delle animatissime discussioni agitatesi pochi anni sono davanti a quell’illustre areopago che è l’Accademia delle Scienze in Parigi. Ma in Italia, se non vien posto da persone autorevoli un argine alla sua diffusione, minaccia di estendersi forse più del bisogno. Alludo al bisogno della coesistenza di teorie opposte, affinché le medesime servano di stimolo e di reciproco correttivo a quelli che incedono nel cammino delle scienze, e si affaticano alla ricerca del vero.
È qui prezzo dell’opera citare alcuni squarci tolti da rinomati autori moderni, sull’argomento del vitalismo.
Schleiden nella prefazione alla quarta edizione dei suoi Grundzüge der wissenschaftlichen Botanik, 1861, così dileggia il vitalismo.
«La meschinella che si chiama forza vitale, del resto già da lunga pezza accoppata dalla sana filosofia della natura, pur tuttavia vagolante ancora qua e colà a guisa d’uno sfortunato fantasma, vedesi oggidì scacciata da un angolo e dall’altro dai poderosi scongiuri dei naturalisti. Decisivi sono al riguardo i lavori dei chimici moderni, in ispecie poi le brillanti sperienze di Berthelot. Si riuscì per via sintetica a comporre con elementi assolutamente inorganici, acido formico, glicerina, grasso, zucchero ecc. Niun valente chimico dubita ormai che fra più o men breve tempo non si giunga altresì a comporre analogamente le materie albuminoidi.
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