La intelligenza pura non è riconoscibile per se stessa; perché possa essere ravvisata e riconosciuta conviene che si traduca in atto.
Gli esseri che incarnano questo principio puro, sono gli esseri viventi, ed è appunto dagli atti di questi esseri che è rivelato il principio intelligente, che li anima e vivifica. Un atto intelligente è qualificato o qualificabile come tale, quando concorrono tre momenti o tre termini; il punto di partenza, la traiettoria, e la meta; in altre parole il principio, i mezzi e il fine. È il caso della freccia che parte dall’occhio del saettante, percorre lo spazio e colpisce nel segno.
Ora questi tre momenti, questi tre termini, primo, medio ed estremo, sono perspicui tanto negli atti dell’istinto quanto negli atti della ragione.
È incontestabile dunque che le attitudini così istintive che razionali degli esseri viventi, non sono e non possono essere che estrinsecazioni di un principio unico, cioè della intelligenza incarnata negli esseri medesimi.
È incontestabile pure che la differenza tra istinto e ragione, non può essere differenza di natura, di classe o di categoria, ma semplicemente differenza di gradazione, di finezza, di perfezione.
Ho riflettuto lungamente a quale elemento poteva riferirsi ed essere riportata questa differenza graduale e qualitativa, e finalmente mi venne dato di afferrarlo.
Questo elemento è la conscienza ossia la consapevolezza.
Perciocché gli esseri, nei quali s’incarna il principio intelligente, possono essere, rispetto a questo elemento:
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