Già notammo come il sistema subiettivo aborre dalle teorie.
Le teorie invece sono la base e l’anima dei sistemi obiettivi.
I quali sono appunto divisibili in due categorie, secondoché a principio generale direttivo presuppongono la teoria della fissità delle specie, o quella perfettamente antipoda della variabilità indefinita delle medesime.
Il sistema tassonomico obiettivo che parte dal principio della fissità delle specie conta valorosissime autorità da canto suo, e per tacere di moltissimi basti citare Linneo, Antonio Lor. Jussieu, Aug. P. De Candolle, Filippo Parlatore ecc.
Il sistema proveniente dalla teoria opposta, sbocciato si può dire ieri sotto la incubazione del genio filosofico di Lamark, è cresciuto ad un tratto gigante dopo la comparsa dell’opera di Carlo Darwin On the origin of species (1861).
Importa qui moltissimo il ponderare al loro giusto valore e peso le ragioni dell’uno e dell’altro sistema, dell’una e dell’altra teoria.
Un fatto generalissimo che non tarda a presentarsi allo sguardo dell’osservatore della Natura e l’affinità esistente tra l’uno e l’altro degli esseri organici. Leibnizio e Bonnet con prematura sintesi (peccato in cui troppo facilmente incorre la mente immaginosa dell’uomo) credettero di vedere dagl’infimi ai sommi organismi una catena continua uniseriale, i cui anelli sarebbero ciascuno composti da una delle specie viventi.
Il progredire dell’analisi scientifica tosto mise in luce l’erroneità ed inapplicabilità di detta metafora, infatti gli anelli di una catena non hanno ciascuno più che due punti di contatto, cioè uno coll’anello precedente, l’altro coll’anello successivo.
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