La definizione data da Linneo non è delle più felici ed il concetto n’è molto elastico ed ambiguo. «Genera tot dicimus quot similes constructas fructificationes proferunt diversae species naturales (Phil. bot. 159)».
Questa difficoltà non venne felicemente superata neanco da A. L. Jussieu, il quale rende ragione del concetto di genere colle seguenti parole. «Ea specierum perfecta nequit comparari cognito nisi juvandae memoriae causa in fasciculos primum conglomerentur ratione affinitatis, et posthac in fasces ex junctis fasciculis compositos. Simpliciores fascicoli genera dicti complectuntur nonnullas species plurimis consentientes signis, paucis discrepantes et ideo caractere non universali sed generali conformes. Horum generica consociatio certum exigit inter specificos caracteres delectum, non arbitrarium sed solidis innixum principiis, ita ut genus quodlibet species omnes vere congeneres habeat, disparibus nunquam intermixtis (l. c. p. XX)».
Il concetto per verità così espresso è molto fluttuante, e potrebbesi domandare a Jussieu quali possano mai essere questi principii solidi, e questo criterio fisso che presiedere devono alla formazione dei generi.
Jussieu diverge moltissimo da Linneo, dacché il genere per Jussieu, secondo la sua metafora di collezione di verghe in fascetti, non sarebbe che un’agglomerazione, vale a dire una operazione della mente, un atto speculativo, laddoveché per Linneo «Naturae semper opus est genus (Phil. bot. 162)». E questa discrepanza è notata da Jussieu stesso a p. XXII della citata introduzione ove, parlando della norma linneana sulla formazione dei generi, così si esprime.
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