Meyer ammette l’attributo dell’isomorfismo, ma nega parzialmente l’attributo della consanguineità, ingegnandosi di far valere una opposta tesi, affermando cioè che una stessa specie possa aver avuto origine in più tempi e in più luoghi ammettendo insomma la possibilità di più centri di creazione.
Indotto egli da molti fatti rivelati dalla geografia botanica fondandosi per esempio sul ritrovo di specie identiche nelle regioni alpine in monti tra loro distantissimi, ei vorrebbe arguirne che le specie medesime non siano già derivate da uno stipite comune, ma che siansi foggiate in identiche forme, perché sottoposte ad identiche condizioni telluriche. Ne arguirebbe insomma che sono autoctone, e a corroborazione di questo suo troppo ardito concetto assimila il fenomeno di questa perfetta riproduzione di forme organiche, al fenomeno della cristallizzazione, la quale, per una data materia chimica omogenea, produce cristalli sempre identici, anche se succede in tempi e luoghi diversissimi.
A noi pare che E. Meyer co’ suoi molteplici centri di creazione versi in gravissimo errore e se avesse prestata la debita attenzione agli efficacissimi mezzi di traslazione nello spazio posseduti generalmente dai semi delle piante, vogliam credere che non sarebbe incorso in tanto infondata opinione, e non avrebbe instituito tra la formazione di un cristallo e di una pianta un parallelo che non regge.
Passando ora a discorrere sulla teoria della variabilità della specie, variabilità il cui vero piano è stato ingegnosamente trovato da C. Darwin, da quel pochissimo che ne diremo (di più non concedendo gli angusti limiti che ci siamo imposti), si avrà, spero, tanto che basti per aggiudicare ad essa definitivamente la palma.
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Meyer Darwin
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