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      Ma di questa prova non si contenta il Plateau. E tal sia di lui: questo suo bisogno di sperimentare artificialmente, significa che le sue osservazioni (ossia sperienze naturali) ancora non bastarono a radicargli una convinzione fondata in proposito.
      Se non che l’arte dello sperimentare trae seco molte difficoltà. Conviene imitare quanto possibile le condizioni naturali; e sovente questo non è facile.
      Contro le due serie di esperienze predisposte dal Plateau, trovo a ridire.
      In una prima serie poco più di un metro quadrato fu densissimamente occupato da circa 200 infiorescenze terminate ciascuna da un ciuffo cospicuo di 8 brattee rosee. Erano accorsi ai fiori una ventina di api e una mezza dozzina di Anthidium (questi ultimi apiarii visitatori quasi esclusivi di fiori di Labiate).
      Adunque erano attratti. Ma dalle brattee o dai fiori? Dalle prime, in posizione dominante ed eccessivamente cospicue, oppure dai secondi, di gran lunga meno visibili e per posizione e per dimensioni colorate? Plateau dice che detti pronubi volavano dall’alveare e si posavano direttamente sui fiori, come se le brattee non esistessero.
      Un’altra serie di esperienze fu ancora men bene ordinata. In breve area di terreno dispose alcuni circoli concentrici di densa coltura; nel circolo più esterno una bordure di Fragaria vesca; in un secondo circolo una bordure di Dianthus barbatus; in un terzo circolo una quantità di piante di Salvia Horminum; finalmente al centro era un gruppo di Canna indica, però senza fiori.


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Memorie di biologia vegetale
di Federico Delfino
pagine 607

   





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